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      Lo stesso mi è avviso che ci avvenga a noi nell'aria, che siamo nel fondo della sua immensità, nè sentiamo nè il suo peso che la compressione che ci fa da ogni parte; perchè il nostro corpo è stato fatto da Dio di tal qualità, che possa resistere benissimo a questa compressione senza sentirne offesa, anzi che ci è per avventura neccessaria, nè senza di lei si potrebbe stare: onde io credo che, ancorchè non havessimo a respirare, non potremmo stare nel vacuo, ma se fossimo nel vacuo, al'hora si sentirebbe il peso dell'aria che havessimo sopra 'l capo, il quale io credo grandissimo; perchè, ancorchè io stimi che quanto l'aria è più alta, sia sempre più leggiera, io credo che sia tanta la sua immensità, che, per poco che sia il suo peso, conviene che chi sentisse quel di tutta quell'aria che gli sta sopra, lo sentisse molto grande, ma non infinito, e per ciò determinato, e che con forza a lui propportionata si possa superare, e perciò causar il vacuo. Chi volesse ritrovar questa proportione, converrebbe che si sapesse l'altezza dell'aria e 'l suo peso in qualonque altezza. Ma comunque sia, io veramente lo giudicava tale, che per causar vacuo io credeva che vi si richiedesse maggior violenza di quella che può far l'acqua nel canale non più longo di 80 piedi.
      Havrò noiato V. S. con sì longa diceria, perchè se questa dottrina è vera, so che l'havrà speculata prima; se contiene paralogismi, bastava ad ogni modo accenargliela in due parole, chè subito havrebbe ritrovato l'errore: però la penna mi ha trasportato più oltre di quel che havrei voluto in questa materia.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIV. Carteggio 1629-1632
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1965-1965 pagine 604

   





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