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      E se V. S. faceva pensiero che, stando io qua su, i miei parenti ci havessero a mantenere, per obligo loro, di pane o altro, (sia detto con la debita reverenza) la s'ingannava d'assai; perchè, mentre che essi si son cavata di casa la Sestilia e datala a me per moglie, non son in obligo di darmi un pistacchio, fuor che quella parte di dote che mi si deve, al tempo tra noi pattuito e non prima, e questa anco vogliono che si metta in sul Monte, secondo le nostre convenzioni(366), e non si consumi altrimenti in pane e vino. Sì che V. S. troverà più d'uno al mondo, anzi infiniti, che diranno che non a i miei parenti, ma a lei, s'aspetta il mantenere me e la mia moglie, quale ho tolta con buona grazia e con sua intera sodisfazione; e massime se questi tali sapranno, che, havendo V. S. vicino a cento scudi il mese, giudichi per meglio fatto e più espediente ch'io consumi e perda quel poco capitale che di sicuro ho al mondo, che l'astenersi lei di consumare buona parte di sì grossa provisione in far le spese a i contadini, allevare le lor figliuole, calzarle e vestirle, tenerle in monastero, dotarle e maritarle e sovvenir loro in ogni occorrenza; e se sapranno di più che V. S. habbia voluto, quasi per haver occasione di spendere, dopo l'haver tenuta tanto tempo in monastero l'Anna di Cosimo Diociaiuti, maritarla al dispetto di tutto 'l mondo con Vincenzio Landucci, vestirla honoratamente, tenerli casa aperta e fornita, far scritta col suo marito obligandosi a darli cento scudi l'anno, e così poi comprare a tanto prezzo, oltre a mille disgusti, l'inimicizia di Benedetto e Vincenzio Landucci, e, quel che importa più, un non so che di poco buona fama: et io so quel che mi dico.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIV. Carteggio 1629-1632
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1965-1965 pagine 604

   





Sestilia Monte Anna Cosimo Diociaiuti Vincenzio Landucci Benedetto Vincenzio Landucci