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      Ma poi che non pare a lei, lasciamla del tutto andare, e prima esaminiamo le ragioni ch'ella m'adduce in contrario al mio detto, e scopertole appresso di me fallaci e invalide, addurrò altre mie dimostrazioni, che per altra via concludon lo stesso, per le quali o ella cederà o almanco mi scoprirrà la fallacia, in modo ch'io non rimanga contumace, com'io son ora.
      V. S. dice che l'acqua, nel percuotere in una svolta, fa forza di tornare indietro, e io gliene vo' concedere; ma mentre che quelle parti che percuotano fanno per indietro tal forza, credo mi concederà che le susseguenti a quelle faccian la medesima forza per ire innanzi, e così bilanciandosi tali impulsi, queste parti staranno ferme, e stando ferme verranno a fare la medesima resistenza alle susseguenti che fa loro lo stesso argine: di modo che se si potesse porre detto argine come pendulo in sè stesso, o di qualche materia in tutto cedente sì com'è l'acqua, non credo che V. S. mi negasse che l'acqua nel percuotervi non se lo mettessi innanzi con la sua propria velocità; nel medesimo modo che posando attraverso a qualche corrente un legno o altra materia men grave dell'acqua, tal corrente la porterebbe via con la sua stessa velocità, e così sarà fatto, dico io, delle stesse parti dell'acqua percuzienti da quelle che le seguitan dietro.
      Ma V. S. potrebbe replicarmi, il legno andare a diritto della corrente e queste acque dovere ir torto, che è quello che si disputa. A che io le replico, non importar nulla; perchè, sendo l'acqua materia assolutamente cedente, con quella medesima forza e velocità con che le susseguenti la premono co 'l loro impulso, con la medesima appunto schizzano, per dir così, e si muovono d'onde l'uscita è più facile, e così il torto non fa niente.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIV. Carteggio 1629-1632
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1965-1965 pagine 604