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      E nelle palle del trucco, di che abbiam ragionato, quella che percotendo ad angoli retti (chè nell'altri angoli non par ch'ell'abbia che dire), riflettendosi per la medesima linea, V. S. dice che ritarderebbe il moto d'altre che continuatamente le venisser dietro, dico esser vero che non solamente le ritarderebbe, ma, sendo così d'avorio com'elle sono, che quella prima le farebbe al tutto fermare: anzi tutto il contrario mi sovviene ora di dir meglio, che mentre continuatamente elle si toccassero, che quella prima non fermerebbe le sussequenti, nè meno le ritarderebbe, ma tutte egualmente ritornerebbero indietro con la medesima velocità, se però elle non procedessero in infinito, il che non me lo so immaginare; e seguirebbe quello stesso come se un cilindro percotesse per testa ad angoli retti, che tutto ritornerebbe per la medesima linea con la medesima velocità con che sarebbe proceduto avanti, se non avesse trovato lo 'ntoppo. Ma se s'imaginerà, quella prima palla percuziente esser di vetro o altra materia assolutamente frangibile, conoscerà che nel punto della percossa si frangerebbe, nè quelle franture scemerebbon niente della lor prima velocità, mentre ella si movesse alla medesima elevazione, come appunto fa l'acqua. Per il che mi pare che il suo discorso non manchi di fallacia, benchè a prima faccia paia concludere, ma visto con esame più esquisito, appresso di me, è del tutto vano; e io confesso che una volta per le medesime ragioni di V. S. mi persuadevo ancor io il medesimo, ma scoperte le sue fallacie, con la scorta delle dimostrazioni del moto del S.r Galileo e poi del P. D. Benedetto, mi son del tutto mutato, e credo che in fine ell'abbia a fare il medesimo.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XIV. Carteggio 1629-1632
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1965-1965 pagine 604

   





Benedetto