Sopra di ciò mi fece intendere, per via dell'Ecc.ma S.ra Ambasciatrice, che voleva dare un'altra vista all'opera, e che però io gliene mandassi una copia: onde io, come ella sa, fui da V. S. Ill.ma per intendere se in quei tempi si sarebbe potuto mandare a Roma un volume così grande sicuramente; et ella liberamente mi disse che no, e che a pena le semplici lettere passavano sicure. Io di nuovo scrissi, dando conto di tale impedimento et offerendo di mandare il proemio e fine del libro, dove ad arbitrio loro potessero i superiori aggiugnere e levare e metter protesti a lor piacimento, non recusando io stesso di nominare questi miei pensieri con titolo di chimere, sogni, paralogismi e vane fantasie, rimettendo e sottoponendo sempre il tutto all'assoluta sapienza e certa dottrina delle scienze superiori etc.; e quanto al riveder l'opera di nuovo, ciò si poteva far qui da persona di sodisfazione di Sua P. Rev.ma A questo si quietò, et io mandai il proemio e 'l fine dell'opera; e per nuovo rivisore approvò il molto R.do Padre Fra Iacinto Stefani, Consultore dell'Inquisizione, il quale rivedde con estrema accuratezza e severità (così anco pregato da me) tutta l'opera, notando sino ad alcune minuzie che non a sè stesso, ma al più maligno mio avversario nè anco dovrebbono arrecare ombra di scrupolo: anzi Sua P.à ha hauto a dire, havere gettato lagrime in più di un luogo del mio libro, nel considerare con quanta humiltà e reverente sommissione io mi sottopongo all'autorità de' superiori, e confessa, come anco fanno tutti quelli che hanno letto il libro, che io doverei esser pregato a dar fuor tal opera, e non intraversato per molti rispetti che hora non occorre addurre.
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