Da questo trapassai a dire, e tirai come di pratica, che credeva di già che ne avessero scritto qualche cosa costà: a che egli mi rispose di sì, senza specificare nè che nè come, e questo perchè, come credo che ella ben sappia, non si può, sotto pena delle più gravi censure, rivelare alcuna, benchè minima, delle resoluzioni che si pigliano nel S.to Ufizio; ma solo soggiunse che s'era scritto e ordinato perchè fosse trattato piacevolissimamente, che non vi era altro fine che la gloria d'Iddio e la tranquillità della Chiesa, senza verun desiderio di scapito della reputazione dell'autore, il quale egli riteneva per un de' maggiori amici che avessi.
Da questo passò a farmi un altro motivo, il quale io mi vergognerei, per reputazione sua e di chi n'è stato l'inventore, se io non sapessi che posso parlare con ogni libertà e confidenza, a discorrerne. Questo fu che, con molta segretezza, mi significò che era stata fatta molta reflessione sopra l'impresa, che io credo che sia nel frontespizio del libro, se male non mi ricordo (dico questo, perchè non ci ho fatto mai molta reflessione ancor io, e di presente non ho il libro appresso di me); e sono, s'io non m'inganno, quei tre delfini, che l'uno tiene in bocca la coda dell'altro, con non so che motto(781). A questo non potetti tenermi di non ridere e far atti di maraviglia, perchè io credevo di poter assicurare che il S.r Galileo non pensava a queste bassezze e minuzie, con le quali volesse coprire gran misteri, avendo detto le cose assai chiare; e credevo risolutamente poter affermare che fosse dello stampatore.
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Ufizio Iddio Chiesa
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