Dice poi, che stando le cose di questa maniera, le pare, anzi è sicuro, che il maggior aiuto che si possa dar al S.r Galilei sia l'andar dolcemente e senza strepito; che S. P.tà R.ma intanto rivede l'opera, e cerca d'aggiustarla in qualche luogo in maniera da poter esser ricevuta, et che quando l'havrà finita fa pensiero di portarla al Papa, e dirle d'esser sicuro che si possa lasciar vedere, et che la S.tà S. ha campo adesso d'usar col S.r Galilei della solita sua pietà: doppo il qual offizio si potrebbe forse all'hora con più proposito dir qualche parola in nome di S. A., con qualche senso di modesto risentimento, che servissi per far condescender tanto più facilmente il Papa a contentarsi di lasciarlo pubblicare. Nel resto il caminar per altri versi, dice che se li creda esser non solo tempo perso, ma danno della causa, et che il domandar per avvocati e procuratori il Padre Campanella e l'Abate D. Benedetto(814), quando pur nel S.to Offizio si volesse caminar con questi modi, non sarebbono cose da ottenersi; perchè il primo ha fatta un'opera quasi simile, che fu prohibita, nè potrebbe difendere mentr'è reo, et l'altro hoggi, per esser diffidente e per altri rispetti, non potrebbe esser udito. Quanto poi a' suggetti che intervengono in questa Congregazione, dice che egli in particolare, per l'amicizia che ha col medesimo S.r Galilei e con questa casa, et principalmente per il desiderio et obbligo che ha di servir il Ser.mo Padrone, e per haver anche sottoscritto il libro, è in obbligo di difenderlo; che il Teologo del Papa(815) veramente ha buona volontà, e che quel Gesuita(816) l'ha proposto egli stesso et è suo confidente, et assicura che camina con retta intenzione; nè sa vedere con che ragione ci doviamo doler di loro.
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