Mi dispiace che le sue solite doglie sieno tornate a travagliarla sì fieramente, come mi scrive. Ma se il non fare esercizio è la cagione di questo, V. S. arebbe a transferirsi alla Trinità de' Monti, a fare esercizio, dove goderebbe anche dell'aria, che pure dovrà cominciare a rintepidire.
Al P. Abate Don Benedetto mi ricordi devotissimo e obbligatissimo servitore, con dire di più che professo di aggiugnere all'altre grandissime obbligazioni che tengo a S. P.tà molto R.da tutto quello che ora fa, come mi immagino, con ogni caldezza in servizio di V. S.; e se bene V. S. non ha bisogno, negli ofizi di gratitudine, di chi entri seco a parte del debito, tuttavia non posso fare di non reputare fatto in persona mia quanto viene impiegato per lei. Gli amici comuni insieme meco la riveriscono, come ancora il P. Abate; e per fine le prego dal Signore Dio sanità e lunga vita e ogni bene.
Di Firenze, 5 di Marzo 1632(99).
Di V. S. molto Ill.re et Ecc.maAff.mo e Obb.mo Ser.re
Mario Guiducci.
2435*.
FRANCESCO NICCOLINI ad ANDREA CIOLI [in Livorno].
Roma, 6 marzo 1633.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. II, car. 139. - Autografa la sottoscrizione.
Ill.mo Sig.r mio Oss.mo
Del Sig.r Galilei non posso dir a V. S. Ill.ma più dello scritto con le passate, se non che vo procurando, se sarà possibile, che li sia permesso di poter qualche volta transferirsi al giardino della Trinità per poter far un poco d'esercizio, già che li è di molto nocumento lo star sempre in casa; ma per ancora non m'è stata data risposta alcuna, nè so quel che ce ne possiamo sperare.
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