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      Roma.
     
     
     
      2547.
     
      MARIA CELESTE GALILEI a GALILEO in Roma.
      Arcetri, 18 giugno 1633.
     
      Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XIII, car. 200-201. - Autografa.
     
      Amatiss.mo Sig.r Padre,
     
      Quando io scrissi a V. S. dandolgli conto del male che era stato in questi contorni(297), già era cessato quasi del tutto ogni sospetto, essendo scorsi molti giorni, anzi settimane, senza sentirsi niente; e, come all'hora gli soggiunsi, me ne dava intiera sicurtà il vedere che tutti questi gentiluomini nostri vicini se ne stavano qui in villa, come seguitano ancora di starci tutti; e, che è più, nella medesima città di Firenze si sentiva che il male andava tanto diminuendo, che si sperava che presto dovessi restar libera del tutto: onde, con questa sicurtà, mi mossi ad esortarla e sollecitarla per il suo ritorno, se bene nell'ultima che gli scrissi(298), sentendo che le cose erano peggiorate, mutai linguaggio, come si suol dire. Perchè, se bene è verissimo che desidero grandemente di rivederla, desidero non dimeno molto più la sua conservazione e salute; e riconosco per grazia speciale del Signor Iddio l'occasione che V. S. ha havuta di trattenersi costà, più lungamente di quello che lei et noi havremmo voluto; perchè, se bene credo che gli dia travaglio il trattenersi così irresoluta, maggiore gliene darebbe forse il ritrovarsi in questi pericoli, i quali tuttavia vanno continuando, e forse aumentando: e ne fo conseguenza da una ordinazione venuta al nostro monastero, come ad altri ancora, da parte dei SS.ri della Sanità, et è che per spazio di 40 giorni doviamo, due monache per volta, star continuamente giorno e notte in orazione, a pregar S. D. M. per la liberazione di questo flagello.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XV. Carteggio 1633
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 485

   





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