La morte di mio padre m'ha messo in fastidi grandissimi: i miei fratelli non vogliono e non possono esserci a parte; e io, per compassione, mi trovo tutto il peso addosso, con tanto tormento per vedermi immerso in cosaccie alienissime dal mio genio, che se non fusse la speranza ch'i' ho di ridurre il governo di tutte le cose nostre a tal facilità ch'ognun de' miei fratelli con pochissima briga potrà amministrarlo, et io in conseguenza potrò tornare alla mia libertà et a' miei studii, se non fussi, dico, questa speranza, credo senz'altro ch'i' m'eleggerei di non vivere, tanto mi pare strano questo modo di vivere. Intanto, per trovarmi, doppo l'accomodamento de' negotii di casa nostra, accomodato ancora di qualche occasione sussidiaria per i miei studii e' miei bisogni, havevamo pensato alla lettura di Siena(565), tutta volta che lo stipendio potessi salire a segno sì che e' mi mettessi conto il partirmi di casa; ma l'haver qua inteso ch'egli è poco e terminato, ci ha fatto rivolger la mira a Padova, dove ci credevamo che la lettura fusse vacante, non havendoci mai V. S. Ecc.ma dato nuova o messo dubbio in contrario. Ma adesso habbiamo presentito, per quel che si è cavato copertamente di bocca a persona della parte persecutrice, come 16 mesi sono vi leggeva un tale Argoli(566), huomo vecchio, ma freddo, per giuditio di detta persona che s'abbattè per curiosità a entrar una volta a sentirlo. Hora io mi son molto maravigliato, che doppo l'informationi seguite già de' meriti grandi del Sig.r Niccolò(567), e doppo i trattamenti sin della provvisione senza trovar ostacolo, sia stato occupato il luogo, e senza saputa di V. S. Ecc.ma; sì che si potrebbe dubitare che quell'Argoli vi fusse stato messo per a tempo o come sostituto, e infatti non fusse morto il negotio nostro.
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