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      Da questo e da altri accidenti, che troppo lungo sarebbe a scrivergli, si vede che la rabia de' miei potentissimi persecutori si va continuamente inasprendo. Li quali finalmente hanno voluto per sè stessi manifestarmisi, atteso che, ritrovandosi uno mio amico caro circa due mesi fa in Roma a ragionamento col P. Christoforo Grembergero, Giesuita, Mathematico di quel Collegio, venuti sopra i fatti miei, disse il Giesuita all'amico queste parole formali: "Se il Galileo si havesse saputo mantenere l'affetto dei Padri di questo Collegio, viverebbe glorioso al mondo e non sarebbe stato nulla delle sue disgrazie, e harebbe potuto scrivere ad arbitrio suo d'ogni materia, dico anco di moti di terra, etc.": sì che V. S. vede che non è questa nè quella opinione quello che mi ha fatto e fa la guerra, ma l'essere in disgrazia dei Giesuiti.
      Della vigilanza dei miei persecutori ho diversi altri rincontri. Tra i quali uno fu, che una lettera scrittami non so da chi da paesi oltramontani et inviatami a Roma, dove quello che scriveva doveva credere che tuttavia dimorassi, fu intercetta e portata al S.r Card.le Barberino, e, per quanto da Roma mi venne poi scritto, fu mia ventura che non era lettera responsiva ma prima, piena di grandi encomii sopra il mio Dialogo; e fu veduta da più persone, et intendo che ce ne sono copie per Roma, e mi è stato dato intenzione che la potrò vedere. Aggiungonsi altre perturbazioni di mente e molte corporali imperfezzioni, le quali, sopra quella dell'età più che settuagenaria, mi tengono oppresso in maniera, che ogni piccola fatica mi è affannosa e grave.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVI. Carteggio 1634-1636
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 744

   





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