Li miei disturbi non mi lasciano tempo per sollazzarmi in specolationi, se non le hore che il sonno mi lascia vivo. Il mio trastullo è in riandare quello che mi si attaca delle cose di V. S. Col ramentar la specolatione che il calore, odore etc. è effluvio di corpicelli sottilissimi, che ne' sensorii lasciano quelle affettioni, mi si rapresentan li corpi ben altra cosa che quella ce li ha fatti la dottrina peripatetica: perchè, buon Dio, che grande, inescogitabile, sarà l'effluvio delle chiamate spetie visibili! che immensità et infinità sarà quella d'un diamante, che così lungo tempo sparge una sfera continuata di effluvii, che sono corpi reali! Come si rimette il perduto? Non le posso negare, che come nel sistema de' suoi Dialoghi mi sentii rapire a meditare la grandezza di Dio creatore dall'opera, così con questa specolatione osservata nel Saggiatore mi sento rapire a riconoscere un'imensità in ogni minima cosuccia e la picciolezza nostra, che si stimiamo così gran cosa. Li nostri theologi, che dicono le creature esserci scala alla grandezza del Creatore, non so se l'intendano così, o le sia intervenuto come V. S. dice d'Aristotele, d'havere prese alcune propositioni da buona scola: così noi altri habbiamo quelle dalle Scritture divine, ma non intese come vanno.
Mi capita, con la sua di 11, il Discorso delle Comete(515): e V. S. mi dimanda s'haverò caro la scrittura contro quello De insidentibus, con la difesa(516)? Le dico con giuramento che non ricevo sollievo in materia di lettere che dalle cose sue, et in quelle sono immerso, e tutto il filosofare d'altri mi pare cosa insipida.
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