Venezia, 27 gennaio 1636.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XII, car. 111. - Autografa.
Molt'Ill.re et Ecc.mo Sig.r Col.mo
Siamo in una recidiva di fiero freddo, che ricerca brevità nel scrivere.
Il giaccio ritarda li corrieri: ho ricevuto questa settimana solamente li tre primi fogli del Dialogo(641), e scorsi con soprema avidità e gusto. È cosa inesplicabile, come da cose triviali, quotidiane e sotto gl'occhi di tutti, V. S. Ecc.ma osservi gl'effetti di natura, e si alzi a speculationi profundissime, iniscogitabili e didotte da principii veri, reali, che pagano la mente e pascono soavissimamente. La continuità ne' corpi naturali mi è andata affatto in fumo e non la trovo più, et adesso mi maraviglio di me medesimo di essere stato tanto tempo a vederla; e nella fusione de' metalli havevo un certo che in ombra, e non ardivo esplicarmi: hora V. S. m' ha fatto saltar fuori senza alcun intoppo. Leggerò quello di che ella mi fa degno, colla gratitudine debita a sì gran benefattore.
Il Discorso contro quello delle Colombe(642) mi è riuscito gratissimo. In fatti V. S. non può parlar senza insegnar cose peregrine e nove.
[vedi figura 3066.gif] Ho un pezzo di calamità di circa onze 10: disarmato, levava non più di onze 6: un fransese me l'armò di due come chiodi adherenti a' poli che finiscono in un dente, che sporge fuori quanto questo segno, e leva onze 40. Nelli suoi Dialoghi ho imparato che la forza nasce dal moltipllcar i contatti; e l'Ill.mo Antonini(643) mi scrive, V. S. havere un suo modo di armare, che moltiplica a meraviglia: con comodo me n'instruisca.
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