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      Benchè si dica che l'infinito è magiore che il finito, s'intende senza nissuna proportione; et ancorchè il finito cresca, non per tutto ciò s'accosta dal'infinito, il accostarse et alontanarse havendo relatione alli termini; ma l'infinito non ha nissuno termine. Et per dire, l'infinito esser più grande infinitamente che il finito, non importa nissuna proportione o somiglianza: sempre potiamo dire uno più grande dal'altro, mentre il più grande contiene il minore et ancora qualche cosa di più; talmente che di una infinita linea potendosene cavare eguale non una sola ma infinite a qual esser si voglia linea finita data, si potrà donche dire la linea infinita magiore della finita, ma senza proportione nissuna. Che d'una infinita si possa cavare qual si voglia finita, questo non è stato non solamente mai negato da nissuno, ma è stato assunto in molte dimostrationi geometriche.
      Mi pare assai incredibile che Archimede con li spechi(718) brussasse le navi inimiche molti miglia lontane, essendo che il rincontro delli raggi della parabole non si estende più lontano che il quarto del suo lato retto.
      Non è possibile che essendo duoi circoli concentrici, delli quali il magiore si mova sopra un plano, faciendo una linea eguale alla sua circonferenza, et nel'istesso tempo il minore sopra un altro plano, il moto del minore si facia come nelli polygonii concentrici, cioè per salti et intervalli(719); e sarebbe cosa difficile a capire, si l'equinoziale del primo mobile si movesse sopra un piano, come si troverebbono quelli intervalli o vacui in un picolo circolo concentrico, che facino una linea eguale alla circonferenza del'altro.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVI. Carteggio 1634-1636
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 744

   





Archimede