Gli mando staia sei di farina per Lorenzo Vani, e tre mine di panicho. Il vettrale non à pottuto portane dua staia, come n'ebi avso dell Ganozo. E se gli ocore niete altro a V. S., la mi avisi perchè ò grande desiderio di servila. Chi Dio vi conceda la sanità.
Il dì 12 di Giugno 1635, in Sancascano.
Vo.ro Aff.oGiulio Ninci.
Fuori: Al molto Ilu.re Sig.re Galileo Galilei.
Invila sua aSamateo in Naceti.
3137.
PIER BATTISTA BORGHI a GALILEO in Firenze.
Roma, 16 giugno 1635.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XII, car. 150-151. - Autografa.
Molt'Ill.re Sig.r e P.rone Colend.mo
Non ha voluto la disgrazia mia che prima di questa settimana mi sia pervenuta alle mani la cortesissima sua del 14 Aprile; la quale nè anche averei avuta, se il P. Abbate D. Benedetto non mi dava nuova l'altr'ieri che V. S. avea ricevuti que' libricciuoli, che più mesi sono lasciai all'Ambasciator di Toscana(865), e non mi diceva che V. S. m'avea scritto e che dovea la lettera esser alla posta. Io non soglio ricever lettere per la posta di Firenze, e per tanto là se ne dormiva la lettera di V. S. con mio gran pregiudizio, che mi trovavo privo di un favore così segnalato. Il perchè se V. S. m'avea querelato di poca creanza per non risponderle, sentendo ora una scusabile ignoranza del fatto, la supplico ad ammettermi alle diffese per esser assoluto da sì fatta imputazione. Se i libri son venuti tardi, se non sono stati al proposito, questa sì è colpa mia, che co' miei peccati mi tiro adosso l'ira di Dio, che non mi lascia poter servire come vorrei a chi devo.
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