E non occorendomi altro, gli fo riverenza.
Di Roma, li 16 Giug.o 1635.
Di V. S. molto Ill.reSig.r Galileo.
Devotis. e Oblig.mo Ser.re e Dis.loDon Benedetto Castelli.
Fuori: Al molto Ill.re Sig.r P.ron Col.moIl Sig.r Galileo [Galilei], p.o Filosofo di S. A. Ser.ma
Fiorenza.
3139**.
LORENZO CECCARELLI a [GALILEO in Arcetri].
Roma, 16 giugno 1635.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. I, T. XI, car. 117-118. - Autografa.
Molt'Ill.re et Ecc.mo S.r mio P.ron Col.mo
Se bene li continui affari dell'essercitio mio di rado o non mai mi lasciano respirare et applicare la fantasia in quegli oggetti che più fissamente mi stanno nella memoria impressi, tutta via alle volte, facendo violenza all'impossibile, mi volgo per dolce diporto a considerare quelle cose che più m'appagano, tra le quali il principato tiene il mio charo Sig.r Galileo con gli amati suoi SS.ri figlioli. Per lo che, parendomi dura cosa lo star lungo tempo digiuno di loro nove, e massime quando da me non resta, come ho fatto altre doi volte, di provocare alla penna, della quale hoggi mai me ne posso far mastro, come dall'occlusa operetta V. S. vederà, che li mando come coccola di quel lauro ch'un tempo godè la felice uggia di lei.
La mia causa dell'heredità che V. S. sa(871), non l'ho fatta ancora disputare, ma habbiamo risoluto differirla sino alle Rote nuove di 9bre prossimo, havendoci io speso sin hora molto tempo, fatiche e denari; ma maggior è stata l'industria et accortezza d'un soggetto molto singolare e consumato in questa Corte, come quello che sa trattare in eccellenza qualunque materia sì civile come criminale, ecclesiastica, mista etc.
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