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      E non occorrendomi altro, li fo riverenza.
     
      Di Roma, il 10 di 9bre 1635.
      Di V. S. molto Ill.re ed Ecc.ma
      .
     
      Devotiss.o e Oblig.mo Ser.re e Dis.loDon Bened.o Castelli
     
     
     
      3209.
     
      GALILEO a GIOVANNI DI BEAUGRAND [in Firenze].
      Arcetri, 11 novembre 16S5.
     
      Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. IV, T. V, car. 7-9. - Copia di mano del secolo XVII, in capo alla quale si legge: "Copia dell'originale".
     
      Ill.mo Sig.re P.rone Col.mo
     
      L'assoluta autorità che V. S. Ill.ma ha guadagnata sopra la mia volontà nelle tre visite che con mio grandissimo honore si è degnata farmi in questa mia carcere, mi forza a non gli poter negare la risposta alla domanda(1038) che ella mi fa sopra materia(1039) della quale havevo meco medesimo fatto proposito di non voler trattar(1040), dico dell'arrecar mio giudizio intorno alla dottrina del ritrovar la longitudine, trattata dal Morino come nuova, sua, sicura, e pratticabile in terra e in mare senza molta difficoltà. Io dall'istesso Morino ero stato ricercato dell'istesso giudizio, ma accompagnato(1041) della approbazione, e per tal fine mi mandò il trattato suo(1042); al quale havendo data una vista correntemente, con pensiero di rileggerlo(1043) più accuratamente, restai in modo disgustato, per non dire stomacato, dal termine tanto incivile col quale egli ingiuriosamente straparla dei cinque Signori giudici deputati(1044), che presi per il miglior consiglio di tacer del tutto, restando con grandissima ammirazione che quest'huomo mi havesse in concetto di così mal creato o scempio, ch'io coll'approvare la sua invenzione venissi d'accordo seco a confermare le audaci et ignominiose(1045) accuse che egli va spargendo sopra la reputazione di Signori gentiluomini, dei quali, come eletti a tal giudizio, io non potevo formarmi concetto d'altro che di prudenti, intelligenti et integerrimi(1046). Restai per tanto stupido, nè vedevo modo di scusare nè alleggerire la mala creanza di questo huomo, se non che m'accorsi poi in certa altra occasione che il diffetto suo non derivava più dalla collera o prava volontà, che da certa naturale ignoranza; e l'occasione fu questa.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVI. Carteggio 1634-1636
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 744

   





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