Roma, il 22 di Xbre 1635.
Di V. S. molto Ill.re ed Ecc.ma
S.r Gal.o
Devotiss.o e Oblig.mo Ser.re e Dis.loDon Bened.o Castelli.
3228.
FULGENZIO MICANZIO a GALILEO [in Firenze].
Venezia, 22 dicembre 1635.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XII, car. 189. - Autografa.
Molt'Ill.re et Ecc.mo Sig.r, Sig.r Col.mo
Mando le Rime(1150), che desidera: ho memoria che quando le leggevo, trovavo in un villesco linguaggio qualche spirito cittadinesco. Ancor io pesco il sonno da pensieri di cose vedute da fresco, ma più d'ogn'altro mi serve il libro de' Dialoghi di V. S. Ecc.ma, spetialmente quando da quelli passo a quel bel tavolazzo che porta quei terribili groppi delle stelle fisse; e qui non posso non ridere in pensare la sua grossezza, nè so perchè si dovessero quei groppi far tondi più che oblunghi, perchè dovevano essere rapiti in volta non da sè ma dalla sua tavola. Con queste vanità il sonno mi porta via, e con insogni proportionati mi fa puoi rammentare che anco le nostre opinioni sono somnia vigilantium.
La figura, come un circolo minore può misurare un maggiore, è bella(1151), ma mi fa ricordare del sillogismo col quale quel gentillissimo Sagredo, da V. S. ravivato, volle provare al suo villano che havesse li due piedi in una scarpa, che ascoltatolo con grand'attentione le disse: Segnore, mi a no ve so rispondere, ma su ben che 'l non è vera: e questo m'occorre in molte cose. La demostratione però è spiritosa.
Il Sig.r Sigismondo(1152) è dietro a formar un specchio parabolico: ha fatta la forma per gettarlo: vorrei che li sucedesse.
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