Ma in questo ci è da dubitare, che volendo adoprare tre reflessioni, non indebolischino tanto il lume, che non sia atto ad abbruciare: nel che mi rimetto all'esperienza.
Questo è quanto posso dire al mio Sig.r Galileo, perchè esso ne resti gustato, et insieme servitone il Ser.mo G. Duca mio Signore. Io dissi, forsi troppo temerariamente, che mi parea cosa bella; ma hora mi corrego, rimettendomi al suo sottilissimo giuditio, e vendendogliela, o per dir meglio offerendogliela, per quello che vale e per niente più. Non mi scordo poi di far la prova in picolo: fra tanto mi avisi per gratia della ricevuta di questa, che non vorrei già che andasse a male, e del suo parere da me stimatissimo, facendone parte al Ser.o G. Duca, quando sia tornato, e mia scusa per la indispositione che ho, et insieme in nome mio humilissima riverenza ad essi Ser.mi; che io per tanto, desiderando a V. S. Ecc.ma compita sanità, li bacio affettuosissimamente le mani.
Di Bologna, alli 11 Marzo 1636.
Di V. S. molto Ill.re et Ecc.maOb.mo Ser.re
F. Bon.ra Cavalieri.
3271*.
GIOVANNI DEL RICCO a [GALILEO in Arcetri].
Firenze, 14 marzo 1636.
Dobbiamo riprodurre anche questa lettera, della quale non abbiamo potuto trovare l'originale (cfr. l'informazione premessa al n.° 2), dall'edizione del CAMPORI, che per primo la pubblicò a pag. 465 del suo Carteggio Galileano inedito.
Per diligenza che io facessi di parlare al S.r Gran Duca Ser.mo avanti la sua partita di qua, per servizio del S.r Capitano Gio. Pieroni(1256), non fu possibile che mi riuscissi; nè meno dopo, ch'io potessi parlare al Sig.
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