Di casa, li 30 Aprile 1636.
Di V. S. molto Ill.reAff.mo Figliuolo
Vinc.o Galilei.
Agostino per qual cagione, non ricercato da me, mentre io cerco d'esser rimborsato da gl'eredi di Cosimo(1321), s'intromette a impedirmi il mio progresso con offerirsi pagatore? et havendo l'incudine in mano per molti giorni avanti la sua obbligazione, perchè non esaminò le sue imperfezzioni, note ad esso che è della professione? e se questa fu sua negligenza e trascuraggine, per qual ragione vorrà il giudice, con mio scapito, scusarla e stimarla non progiudiziale alle ragioni d'Agostino, e non vorrà scusare l'errore di chi distese la scrittura, il quale errore da me, alienissimo dal poterlo o doverlo conoscere, dovrà non mi essere scusato? Si perdonerà dunque ad un fabbro il non haver conosciuto un difetto in un'incudine, hauta per molti giorni in bottega sua, e non si scuserà in me un non haver conosciuto per errato un termine legale, alieno dalla mia professione, e posto inavvertentemente da un dottor di legge, e da me in un momento di tempo sentito solamente leggere?
Ditemi, Sig. giudice, se un errore commesso deve risultare in danno di chi lo comette, o pur di chi non ve n'ha colpa? se di chi lo commette, adunque deve(1322) patirne lo scrittore; ma se deve patirne l'innocente, adunque le povere vedove e i poveri pupilli stanno freschi, se, contro all'impossibile, non si rendono più intelligenti d'ogni procuratore e d'ogni avvocato.
Ditemi, S. giudice, se in quella scrittura non si fusse messo il riservo del dominio, non er'ella chiarissima a mio favore? certo sì. Come dunque volete mostrar di non conoscere che quella particola fu posta per ignoranza mia, et anco dello scrittore? vorrete voi dire che per mia elezzione e consenso mi sia voluto tanto gravemente progiudicare?
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Figliuolo Galilei Cosimo Agostino
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