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      Mi duole la sua flussione nell'occhio. Quando io ne ho patito, non ho trovato cosa migliore che qualche presa di pillole d'aloe, ma in sì picciola quantità che non passi tre alla volta, non maggiori di un grano di sorgo rosso, et lavarmi la mattina, cioè sprizzarmi un pezzo con l'aqua della Brenta, più tosto calda che tepida. Ma in ogni paese sono li suoi rimedii.
      V. S. mi fa veramente maravigliare delle cose strane, che gli occorrono. Ho ben letto Cum clamaveritis ad me, non exaudiam: ma quello che si usa con lei, è apunto officio di un Officio del diavolo et di chi va contra Christo. Non si può far altro.
      Veramente i miei vaneggiamenti, i trattenimenti nelle vigilie, sono l'infinito, gl'indivisibili e 'l vacuo; et sono i tre da i quali Aristotile argomenti l'impossibilità del moto, et io stimo senza di essi impossibile ogni moto, ogni operatione, e, quel che è peggio, ogni essistenza. Ho pensato qualche volta che in questo libro della natura, i cui caratteri sono noti a V. S. sola et intelligibili, overo a chi da lei è eccittato a leggerli e considerarli, senza che le opinioni anticipate li conservino gl'errori fissi, è impossibile che essa non habbia speculato anco intorno a i moti che noi chiamiamo volontarii o che seguono nel corpo dall'imaginatione, perchè anco in questi io ho una massa confusa et congerie di concetti oscuri, che non me li so dilucidare. Mi raccordo che il nostro buon P. Maestro Paolo, di gloriosa memoria, soleva dire che Dio e la natura haveva data un'habilità a V. S. per conoscere li moti, che quello che da lei non fosse stato investigato era investigabile all'humanità. Ma so che di questo genere bisognerebbe non scrivere.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVII. Carteggio 1637-1638
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 584

   





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