Lo feci con il P. Francesco, perchè dubitando ch'egli non potessi da per sè copiarmi quelle demonstrationi de centro etc., non restassi però di farmi il servitio per mezzo d'altri, allegando poi per sua scusa il voto di povertà. Ma tutto questo non è servito per altro che per scandalizzare V. S. contro ogni mio volere, e però senza colpa.
Quel buon Padre della radica(190) s'è partito all'improviso per Malta con il Sig.r Principe Langravio(191), et io son restato senza la radica promessami. Pur qua è un canonico di S. Eustachio, dal quale intendo poterla similmente havere, et a suo tempo non mancherò di mandarla.
Ch'il P. Mersenio si vanti d'haver letto il libro de motu, è certo, havendolo lui significato al Sig.r Gio. Batista Doni, et io letta la lettera. Non so già dire come là sia trapelata questa opera. Ch'egli cerchi per ogni verso farsi honore con quel d'altri, non ne ho dubbio, conoscendolo benissimo dalli scritti di lui, nei quali, per esser la maggior parte franzesi, ho perso pur troppo tempo.
Mi rincresce poi fino all'anima della sua gravezza di testa, indigestione e vigilie(192), e la prego quanto so e posso a conservarsi per tempi più felici. Feci reverenza al P. Abbate(193), et intesi che l'ordinario passato rispose alle lettere di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma, alla quale di bel nuovo, con il Sig.r Nardi(194) e me, si raccomanda di vivo cuore, con pregarle da Dio prosperità e vita.
Roma, il dì 16 Maggio 1637.
Di V. S. molto Ill.re et Ecc.maAff.mo et Oblig.mo Ser.re
Raffaello Magiotti.
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