Il giovine propose il quesito, e subito li fu risposto: "O non sapete voi la ragione? è facilissima; ve la dirò io"; e cominciò a entrare in un labirinto, del bianco e de nero, e di certe bollicine che si trovano nel bianco, e di mille cose sottili che non le saprei spiegare: basta, che si rese la ragione perchè il bianco si riscaldava più del nero. Fatto questo, ed havendomi il giovane riferito il tutto, con grandissime risa e sue e mia, io andai di longo a fare imbiancare la metà della faccia di un mattone, e l'altra metà fu da me tinta con l'inchiostro di nero, e poi esposta al sole e lasciatovela tanto quanto si trattenne meco quel giovine in compagnia di un altro, pur scolaro delli medesimi Rev.di PP.; poi, mettendo noi le palme delle mani, una sopra il nero, l'altra sopra il bianco, toccassimo con mano che la parte nera poco meno che scottava, e l'altra era quasi fresca: della qual cosa quei giovani restorono stupefatti; ed io confesso, che se bene tenevo per fermo che il nero sarebbe più caldo del bianco, in ogni modo mai mi sarei creduto che la differenza fosse tanto grande a un pezzo; e son sicuro che se V. S. farà l'esperienza, li parerà cosa strana. Hora, fatto questo, dissi al giovane medesimo: Orsù, Sig.r Carlo (che così si chiama), bisogna fare la seconda parte del ballo; bisogna che V. S. ritrovi il P. Confaloniero, e li dica che havendo proposto a me il quesito "Perchè il bianco si riscalda più che il nero?", io li haveva risposto che la facenda caminava al roverscio, cioè che si riscaldava più il nero che il bianco, e che subito andai a tingere il mattone e lo esposi al sole, e dopo una mezz'ora o poco più li haveva fatto propriamente toccare con mano che il nero era molto più caldo del bianco; e soggionsi al medesimo giovane che dimandasse la ragione di questa conclusione, promettendoli per parte di quel filosofo che li sarebbe stata assegnata ancora la ragione di questo.
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Rev Carlo Confaloniero
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