Di questo che io dico habbiamo tanti essempli chiarissimi quante sono le peregrine conclusioni dimostrate in geometria particolarmente, e ne addurrò una o due, non già per V. S., che so che intende benissimo questo mio pensiero, ma per altri in mano de' quali forsi potesse pervenire questa mia scrittura. Gran maraviglia sente uno principiante nelli studii di geometria, sentendo pronunziare la conclusione che i triangoli posti sopra la medesima base e fra le stesse paralelle sono sempre fra loro eguali, overo quando sente che nel triangolo rettangolo il quadrato del lato opposto all'angolo retto è eguale ai quadrati dei lati che contengono l'angolo retto; ma quando poi, mediante il progresso demostrativo, si conclude ciò essere verissimo, non solo cessa la maraviglia nostra, ma ci sarebbe molto più maraviglioso se la verità fosse in contrario, cioè che i triangoli posti sopra la stessa base e fra le medesime paralelle fossero ineguali: e così sarebbe a noi, dopo la dimostrazione, maraviglia grandissima, se il quadrato del lato opposto all'angolo retto, nel triangolo rettangolo, fosse maggiore o minore dei quadrati dei lati che contengono l'angolo retto. E in tal modo allhora pare che l'intelletto nostro si quieti, quando gionge, per dir così, ad evacuare affatto quella maraviglia che prima ci haveva ingombrata la fantasia. E tutto questo ci succede felicemente nel progresso del nostro discorso: cominciando da una cosa che non ci è maravigliosa, anzi l'habbiamo per notissima e chiarissima, trapassiamo ad un'altra che parimente, essendo vera e conosciuta per vera, non ha del maraviglioso; e da questa ad un'altra ed un'altra, pure ammesse senza stupore; e con queste e con altre, bisognando, finalmente caschiamo nella nostra conclusione, la quale conosciuta cessa affatto in noi la maraviglia.
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