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      E nel medesimo modo, havendo noi il nostro quesito per le mani, come il lume riscalda e come nel nero sia restata sepolta, per così dire, maggiore moltitudine di lumi e di calidi che nel bianco, mi pare che non possiamo rispondere altro (se vogliamo rispondere bene) che un sincerissimo: Nescio. Forsi potremo arrivare a qualche cognizione, con supporre, prima, qualche notizia delle nature e condizioni necessarie delle nominate cose, caldo, lume, nero, e bianco, e poi andarsi avvanzando con il discorso a poco a poco al ricercato quesito.
      Ma prima di fare questo, stimo bene che noi ci ritiriamo alla osservazione e contemplazione che io dissi di havere fatta nella mia passata lettera(377) a V. S. Dissi dunque, che havendo io esposta la faccia tinta del matone al fuoco nostro ordinario di legna, dopo havercelo lasciato stare poco più d'un quarto d'hora, ritrovai che il caldo si era impresso quasi egualmente nella parte nera come nella bianca, cioè con pochissimo vantaggio di calore nella parte nera, talmente che la differenza era quasi insensibile. E di più dissi di havere osservato, che esponendo al lume del sole il roverscio della faccia tinta del matone, dopo havere il caldo penetrata la crascizie del matone, tanto si era riscaldata la parte bianca quanto la nera. E finalmente io ho osservato, che riscaldando al calore del fuoco senza lume la medesima faccia tinta, si veniva a riscaldare egualmente la parte nera e la bianca. I quali effetti mi paiono degni d'essere molto bene considerati, vedendosi una segnalatissima differenza tra il calore del fuoco senza lume, ed il calore che procede dal lume senza il fuoco, ed il calore che procede parte dal fuoco e parte dal lume.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVII. Carteggio 1637-1638
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 584

   





Nescio S. Dissi