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      Di questo che io dico ne habbiamo un essemplo veramente assai rozzo e grosso, il quale però ci può sollevare non poco all'apprensione delle sottigliezze così brevemente accennate. L'essemplo è tale: se sarà presa una quantità di seta tinta di nero, e di quella sarà tessuta una pezza di raso overo di ermesino, ed un'altra di velluto, non è dubio che esposte al medesimo lume tanto il velluto quanto l'ermesino, ci apparirà assai più oscuro il velluto che l'ermesino ed il raso; anzi se il raso e l'ermesino medesimo sarà sparsamente trinciato con taglii, come sogliono usare i sarti nei vestiti, e poi sfrangiati e sfrappati i medesimi taglii, senza dubio tali trinciature appariranno negrissime, ed assai più oscure che il campo rimanente del drappo: e tutto questo non per altro, se non perchè nel velluto e nelle trinciature habbiamo quei filamenti della seta eretti alla volta del lume, il quale, entrando tra filo e filo e percuotendo nelle faccie e bande dei medesimi fili, e dovendo riflettere ad angoli eguali a quelli delle incidenze, viene necessitato a riflettere verso le parti interne del drappo; e così poco ne risalta e ribatte alla volta delli occhi nostri, e ci apparisce oscuro e nero.
      Quanto si è detto, sia detto così alla grossa, per apprendere le più alte e sottili maniere di lavorare della natura. E forsi non sarebbe inutile a questa contemplazione, se noi, per approssimarsi più al vero, intendessimo che la cosa, quanto spetta alla negrezza di questo inchiostro con il quale sono scritti questi caratteri, fosse fatta di filamenti tanto minori, in proporzione di quelli de' quali è composta la superficie del velluto, quanto i filamenti del velluto sono minori delle grossissime colonne del Panteon; e se tanto non bastasse, si potrebbero intendere minori in centuplicata e millecuplicata proporzione, e più e più se più bisognasse.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVII. Carteggio 1637-1638
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 584

   





Panteon