Di qui possiamo ancora, nel secondo loco, risolvere il dubio, per che causa, esposto al fuoco il bianco ed il nero, il riscaldamento si fa quasi eguale e nel nero e nel bianco, con quel poco e quasi insensibile vantaggio di calore nel nero. E la ragione si può dire che sia, imperò che, quanto alla parte del calore che proviene dal fuoco, quel caldo fuocoso viene ad essere eguale nel nero e nel bianco, non essendo tanto sottile il calido fuocoso quanto il calido luminoso, ed in conseguenza non potendo fare quei scherzi e giochi così finiti e regolati come fa il calido luminoso: ma quanto al caldo luminoso, ci resta il vantaggio nel nero, nel quale quel poco di lume che si sparge dal fuoco opera quello di più che nel bianco; e così ne nasce quel calido misto, il quale poi nella parte nera è un poco maggiore che nella bianca.
E di qui, nel terzo loco, si rende la ragione, perchè quando si espone il roverscio della faccia tinta del matone al lume del sole, in tal caso la parte nera e la bianca si riscaldano egualmente. Il quale effetto diremo che segue, perchè quella parte esposta al sole, essendo tutta della medesima tinta, conviene che in quella sua prima pelle, tocca da' raggi solari, si riscaldi egualmente, e quella, riscaldata, riscalda la seguente, non già più con il caldo luminoso, essendo essa totalmente immersa nelle tenebre tra la prima pelle del matone ed il rimanente del medesimo, ma viene a riscaldarla con quello calore che ha di già concepito; e così questa seconda riscalda la terza, e quella la seguente, e così di mano in mano, sin tanto che, essendo riscaldata tutta la crassizie del matone, si arriva a quella ultima superficie, tinta mezza nera e mezza bianca, la quale necessariamente poi si deve riscaldare egualmente, per essere riscaldata senz'il calido luminoso.
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