Di V. S. molto Ill.reDev.mo et Oblig.mo Serv.re
Galileo Galilei.
3781.
GALILEO ad ELIA DIODATI [in Parigi].
Firenze, agosto 1638.
Bibl. Naz. Fir. Cod. citato nell'informazione premessa al n.° 3780, car. 598r.-599t. - Copia del secolo XVIII, della stessa mano di quella che esemplò il predetto n.° 3780. In capo alla copia, sul margine, si legge, pur di mano del secolo XVIII: Lettera di Galileo Galilei a Elia Deodati, e quindi, cancellato: G. al Deodati. 14 Ag.o 1638.
Molto Ill.re Sig.r e P.rone mio Col.mo
Continuando le mie gravi e noiose indisposizioni, non posso se non con brevità rispondere all'ultima sua de' 20 del passato, con dirle che già che la mala fortuna ha voluto che si scuopra al S. Offizio(874) il trattato che tenevo con gl'Ill.mi e Potentissimi Sig.ri Stati circa la longitudine, il che mi poteva arrecare gran danno e pregiudizio, come già le accennai, m'è stato gratissimo che V. S. molto Ill.re, con avvisarne il Sig.r Ortensio e distorlo dal pensiero del viaggio che intendeva fare, abbia ovviato a qualche sinistro accidente che mi soprastava e nel quale per la sua venuta facilmente sarei incorso.
Ben è vero, Sig.r mio, che per le ragioni verissime e chiarissime che ella adduce, tal trattato non doverebbe essere a me di pregiudizio alcuno, ma più tosto doverebbe acquistarmi onore e fama, quando però io fossi un uomo della condizione de gli altri(875), cioè non più de gli altri sventurato; ma già che da molte e molte esperienze son reso certo della malignità della mia fortuna, altro non posso aspettare dalla sua ostinata perfidia in perseguitarmi, se non che quello che ad ogni altro sarebbe di giovamento, a me sarà sempre di detrimento e danno.
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