Queste et altre simili sarebbero le mie scuse appresso le persone non conosciute, ma appresso di lei, che mi ama oltre al merito d'assai e che sa benissimo che così dovevo fare, le stimo superflue; però passerò a cose più allegre.
Arrivai a Siena mercoledì mattina a 16 hore, con la solita infreddatura più tosto rincappellata, che punto digerita, per il vento e altri disagi del mio capriccioso viaggiare. Nel medesimo tempo feci riverenza al Ser.mo Padrone, il quale mi dimandò subito di V. S. molto Ill. et Ecc.ma con queste formate parole: Che è del nostro buon vecchio? E mi disse altre cose di tanta tenerezza verso della persona sua, che io, esaminando la mia coscienzia, ardirei ben di dire di amarla più d'ogni altro suo devoto servitore, ma non già più del Ser.mo Padrone, al quale dispiacque alquanto la mia partita senza essermi da lei licenziato; che però mi ha imposto più volte ch'io faccia mie scuse con lei, onde la prego a scrivermi in maniera ch'ella mostri restare sodisfatta.
Le do nuova come il Ser.mo Padrone ha fatto già il disegno per far fare l'istrumento da far occhiali lunghi, conforme alla istruzione che ne diede V. S. molto Ill. et Ecc.ma Harei alcuni altri particolari da scrivere, ma per esser l'hora tarda, e dovendo questa mia esser portata dall'Ill.mo Panciatici(80), mio singolar Padrone, che se ne viene in costà domattina a buon'hora, mi riserbo il resto di scriverlo al P. Clemente, che poi gliene riferisca. Fra tanto veda se posso servirla in cos'alcuna qua, che mi troverà prontissimo ad ogni minimo cenno: con che facendole humilissima riverenza, le prego da Dio pienezza di grazie celesti in questi santi giorni di Passione.
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