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      Vedevasi che conteneva alcuni dubbi sopra alcune mie proposizioni, e pareva che ne domandasse la soluzione. Io risposi all'amico che me la mandò, che facesse intendere al detto Padre che mi scrivesse in carattere più intelligibile, perchè qua non aviamo nè la sfinge nè altri interpreti di misteri reconditi(365); ma non ho poi inteso altro.
      Sento grande afflizione de' suoi travagli, i quali accrescono i miei, che sono tali che posso con verità dire di ritrovarmi in uno inferno terrestre superficiale, poichè non mi avanza momento di tempo che io possa passare senza lamentare. Piace al Signor Iddio così, e in ciò doviamo quietarci. Mi continui il suo amore, mentre con ogni affetto la riverisco.
     
      D'Arcetri, li 24 Febbraio 1639(366).
     
     
     
      3973.
     
      GALILEO a BENEDETTO GUERRINI [in Pisa].
      Arcetri, 24 febbraio 1640.
     
      Dalle Memorie e Lettere inedite finora o disperse di GALILEO GALILEI, ordinate ed illustrate con annotazioni dal cav. GIAMBATISTA VENTURI ecc., Parte seconda, Modena, per G. Vincenzi e Comp., M.DCCC.XXI, pag. 221. Il VENTURI trasse la presente dall'originale, sottoscritto, com'egli afferma, colle iniziali del nome e cognome "formate del carattere consueto del Galileo" (pag. 219). La lettera era stata edita già da GIAMBATISTA TONDINI nel Tomo II, pag. 28-29, dell'opera citata nell'informazione premessa al n.° 3478, ma con qualche grave scorrezione: il TONDINI però pubblica anche le ultime parole: "E qui.... 1639", che il VENTURI trascura.
     
      Avendo per la gratissima di V. S. molto Illustre inteso gli ordini dati dal Serenissimo Gran Duca nostro Signore in materia del vino(367), del quale l'A. S. mi favorisce et onora, mandai alla cantina per averne due fiaschi; ma dissero i cantinieri, non aver ricevuta commessione alcuna, onde ne restai senza: e mentre ch'ella mi accenna, la volontà di S. A. essere stata di propria bocca significata all'Illustrissimo Signor Marchese Colloredo, ho giudicato essere mio obbligo necessario dare un motto a S. S. Illustrissima d'avere io (ma non prima che adesso) inteso di tal commissione, e perciò supplicarla a porla in esecuzione, con assicurarla che glie ne terrò perpetuo obbligo e che, dopo la persona del Serenissimo Gran Duca, riconoscerò la grazia et il regalo dalla cortese mano di S. S. Illustrissima.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVIII. Carteggio 1639-1642
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 850

   





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