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      E primieramente, confesso l'ignoranza mia di non intender bene la di lui conclusione, mentre che chiama quella secondaria luce del disco lunare coniunctum quid ex imbecilla lunae luce nativa et lumine solis in ipsam repercusso reflexoque ab aetheris alti partibus, lunare corpus ambientibus(374): non intendo, dico, il modo col quale sia possibile che percotendo il raggio solare nel'aria ambiente la luna, venga poi ad esser ripercosso in tutto il resto del disco e verso le parti del mezzo; perchè parmi che quando ciò esser potesse, lo stesso effetto dovrebbe anco nella terra succedere, e n'avverrebbe che riflettendosi lo stesso raggio solare nel'aria che la circonda, leverebbe in tutto dal mondo l'oscurità della notte. Ma io veggio, se non m'inganno, l'intoppo che à qui fatto inciampar quel Signore. Afferma V. S. Ecc.ma(375) che quella secondaria luce della luna che alquanto più viva si vede nello estremo della circonferenza opposta alle corna illuminate, puol esser una tal aurora lunare, cagionata colà dal reflesso di que' raggi solari che, dall'aria ambiente la luna ribattuti, in essa si vedono: il che è, per mio creder, verissimo; ma non è già vero per questo che tal riflesso possa diffondersi poi per lo restante del disco, accadendo colà per apunto tutto ciò che qui in terra succede, cioè che mentre il raggio del sole ripercosso dall'aria che ne circonda cagiona la luce crepuscolina della sera o del mattino, non la diffonde per questo per lo restante della terra, ma mentre, per essempio, la nostra Italia rischiara, lascia hor il Gange hor l'America del tutto in braccio alla notte.


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Le opere di Galileo Galilei
Volume XVIII. Carteggio 1639-1642
di Galileo Galilei
Barbera Firenze
1964-1965 pagine 850

   





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