Di Roma, il 28 d'Aprile 1640.
Di V. S. molto Ill.re ed Ecc.ma
S.r Gal.o
Devotiss.o ed Oblig.mo Ser.reDon Bened.o Castelli.
3998**.
FULGENZIO MICANZIO a GALILEO in Firenze.
Venezia, 28 aprile 1640.
Bibl. Naz. Fir. Mss. Gal., P. VI, T. XIII, car. 195. - Autografa.
Molt'Ill.re et Ecc.mo Sig.r, Sig.r Col.mo
Sabato passato nell'istesso tempo mi capitò la gratissima lettera di V. S. molto Ill.re et Ecc.ma colla scrittura et il libro del S. Licetis De lapide Bononiensi, credo per buona fortuna, aciò nel medesimo tempo il dolcissimo nettare della sua risposta mitigasse l'amaro della proposta, et non havessi a lambicarmi il cervello per intendere ciò che l'oppositore vuol dire; perchè attribuendo il candore lunare all'etere ambiente, haverei affaticato a pensar come a quel filosofo, ch'ogni mese partorisce un libro, fosse potuto intrare in capo simile chimera. Ma V. S. ha levato ogni difficoltà, ma al solito con maravigliose osservationi et avertenze di effetti naturali. Era meco un gentill'huomo francese di gran portata, e leggemo insieme, o divorrassimo, la scrittura, e volle portarla seco, nè anco l'ha ritornata: è però sicura, credo ne prendi copia. Se questi virtuosi me la lasciarano fermar in mano, sarà il mio gusto nel rilegerla più volte, come fo di tutte le sue opere; ma del libro del Liceti mi è impossibile la pacienza di legerne un capitolo intiero, fuori che quel 50(432). V. S. non può scrivere così breve, che non vi sia qualche gentilissima speculatione di cose naturali, non più osservate da nissuno: egli non può scriver così lungo, che vi si trovi altro che ramassamenti di detti rancidi che infastidiscono.
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