Così m'è occorso da circa un mese e più in qua, e nè anco ne sono libero, che scrivo nel letto con la mano molto debole.
Manderò la lettera al Sig.r Liceti, il quale in somma, cercando di acquistarsi gloria con pigliar la pugna con i primi letterati de' nostri secoli, V. S., che si può chiamar tra essi la fenice, troppo gran copia gliene ha somministrato con mostrare di fare tanto capitale delle sue istanze. Io son con lei nell'opinione di quel lume secondario della luna, anzi, subito ch'io l'intesi, mi parve haver tanto del naturale, che non potesse stare in altro modo. Così credo che gli huomini amatori del vero adheriranno a questa e non ad altra opinione, come fundata sopra saldissime ragioni e sensatissime esperienze.
Non voglio poi restar di dirle, con occasione di questa benedetta luna, ch'io resto pure sommamente ammirato quando rimiro la di lei faccia tutta sparsa di cerchi, o per dir meglio di argini circolari, quali grandi, quali piccioli, quali distanti, quali vicini e che si tochano, e che generalmente nel mezo di ciascun argine vi è un monte, il che mi dimostra la proiettione dell'ombra, sì come anco che il detto circolo sia come un argine, parendomi così alla grossa che il diametro di alcun argine sia di 60 miglia, più o meno etc. Et a che fine, Dio buono, questi recinti, con questi monti in mezo? per non dire delle lunghe tratte de' monti, massime circa le macchie antiche, prive poi, se non m'inganno, di detti argini circolari. Gran prurito in somma sente l'intelletto in vedere simili cose, non potendo passar più oltre.
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Liceti Dio
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