E sì come nelle sue oppositioni io non voglio riconoscere sorte alcuna di amarezza, ma quella dolcezza di dottrina che nelle contradittioni di Socrate provar solevano i suoi discepoli, così vorrei che V. S. nelle mie non ponesse coll'imaginatione sua punto di amaro, non havendovi posto io altro che il dolce di un puro desio di scoprire la verità, per mantenimento della quale m'insegnò Aristotele doversi contradire non solo a gli amici, ma rifiutare anche le proprie opinioni, per l'adietro abbracciate et haute in pregio.
Nell'adoprar seco sempre termini di veneratione, dovuti non meno all'antica nostra amicitia che alla sua chiarissima fama di uno de' maggiori matematici del nostro secolo, procurerò di non lasciarmi vincere: nella dottrina poi, altretanto mi sarà caro di essere da lei rimesso nella destra via del vero, quanto mi potesse piacere di non haver mai deviato alla sinistra; di che lascerò il giuditio all'ingenuità degli intendenti.
Che V. S. professi di non contradire alla dottrina Aristotelica, mi è molto caro, sì come (per dirglielo liberamente) mi è molto nuovo, parendomi da gli scritti suoi raccorre il contrario; ma può essere che in questo particolare io m'inganni, con molt'altri che sono dell'istesso parere.
Mi duole che V. S. formi concetto ch'io più d'una volta le habbia attribuite positioni non sue, non essendo mai stato mio pensiero di ciò fare, come altre volte le ho scritto e come spero di sincerarla a suo tempo. La lunghezza poi da V. S. tenuta nel rispondere alle mie brevi ragioni, l'ho ricevuta io a mio grande honore e ne le ho reso gratie, sì come fo di bel nuovo, e mi pesa che ciò da lei sia stato preso in diverso sentimento dal mio.
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