Ma, S.r Galileo, dobbiamo grandemente dolersi che la morte l'anno passato, puoco innanzi Natale, ci privò di huomo così raro, ch'era tenuto il primo di tutti quei matematici di Parigi; poichè puoco doppo havere scritto questa lettera, che fu l'ultima sua speculatione, come mi scrivono, egli si morse. Questo era parte del quesito ch'io li mandavo in una lettera ch'io li scrissi(844), la quale si perse, il quale contineva cento volte, mi stimo, più difficoltà di questo che ha sciolto, e forsi un tale ingegno vi poteva arrivare; ma non hebbi fortuna che li capitasse alle mani. S'io havessi la sudetta lettera scrittami dal Beuugrand, li vorrei mandare le sue parole precise, che occupano una carta intiera, circa la persona di V. S. Ecc.ma; ma lo farò quanto prima mi rivenga da Reggio, dove l'ho mandato al S.r Gio. Antonio Rocca, giovane intendentissimo delle matematiche, e della tacca del Sig.r Torricelli da me benissimo conosciuto e da lei con ragione inalzato alle stelle; poichè essendo fra lui e me passate alcune lettere, ho potuto conoscere quanto egli sia singolare nella geometria, havendo trovate le cose peregrine che lei mi scrive, da lui parimente scrittemi e da me viste con molta maraviglia. Anzi deve sapere, che havendo io trovato modo assai facile di descrivere tutte tre le settioni coniche (cioè nel modo, credo si ricordi, ch'io descrivo la parabola, di fare le altre settioni ancora in similissima maniera), esso pure (come parimente ha fatto il detto S.r Rocca) ne ha apportato la dimostratione, assai differente dalla mia.
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