Mi viene detto che un Padre Giesuito habbi stampato un grosissimo volume de magnete(892). Qui non l'ò ancora veduto, ma V. S. deve sapere che cosa sia. Questo dirmi che è un grosissimo volume mi fa ricordare della Rosa Ursina, Ursa Rosina(893), gran volume che, levata la paglia, il grano tutto tolto di peso da V. S., nulla ci resta; et così sta il Cabeo(894) col Gilberto(895). Io ho così puoco tempo che m'avanzi, che mi do alle bissie quando in questi volumi mi ho rubato quell'hora che mi avanza.
L'Arisio mi va longo, con scuse di penurie et d'infirmità. Ma se qui occorre a V. S. fare qualche spesa, comandi, che suplirò io.
La riverisco per nome dell'Ill.mo Sig.r Comissario sudetto; et pregandoli tranquillità et solievo, ambidue con pieno affetto le bacciamo le mani.
Venetia, li 14 Xbre 1641.
Di V. S. molt'Ill.re et Ecc.maDev.mo Ser.
F. F.
4185*.
CLEMENTE SETTIMI a FERDINANDO II DE' MEDICI,
Granduca di Toscana, [in Firenze].
Roma, 14 dicembre 1641.
Arch. di Stato in Firenze. Filza Medicea 5561, car. 814. - Autografa.
.... Mons.r Assessore(896) mi fa intendere che io non ho più che fare col Santo Offitio: in fede di che mi darà una patente, dove dirà che non sono stato inquisito, e questo mi giovarà appresso di chi habbia havuto sospetto della persona mia. La maggior accusa che il P. Mario(897) mi havesse preparata era l'haver havuto io intrinsichezza col Sig.r Galileo; e quando egli domandò a Paolino se io havevo i Dialogi del moto della terra, overo se gl'havevo letti, allhora mi ordiva la tela: e sia sicura V. A. che non ha lasciata indietro diligenza, in modo che il medesimo Monsignore disse, ragionando di me, che ero buon religioso, eccetto però che gli pareva che io stimassi poco il Sant'Offitio.
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