Questa, come un bene, e un ornamento politico, nobilissimamente apparisce nella diversità delle fabbriche delle Città, e dei Regni. In questa, io dico, la cognizione di tutti quelli errori, che talvolta accadono, è una di quelle cose (benchè per sua natural condizione sia rea, e dannosa) per avvertimento della quale avevamo pensato di giovare, non intendendo, che la proposta di essi serva per insegnare a ciascuno il modo di commetter gli errori nell'Architettura; imperciocchè, siccome il fine d'ogni scienza contemplativa si è il ritrovamento della verità delle cose, e non della menzogna; e d'ogni scienza morale il trovare il buono, il giusto, l'onesto, ed il convenevole: così il fine d'ogn'arte è il non far errore nell'operare, non partendosi giammai dalla diritta ragione della pratica sua. Imperciocchè fra le Arti umane non ve ne ha alcuna, che insegni a peccare; anzi il solo maestro ne è il mal uso. Ma per introdurre la cognizione degli errori dell'Architettura male usata, affinchè alcuno studioso di tal professione possa imparare a fuggirli, ed in essa divenire eccellentissimo; conciossiachè errando s'impari, ed imparando s'acquisti con perfezione qualunque abito di scienza, e d'arte; poichè l'errore, bene osservando, ne conduce alla notizia della cosa mal fatta, e questa ci fa conoscer l'opera buona e perfetta, tale essendo la natura de' contrarj, che l'uno si conosca per l'altro. Avendo adunque per le ragioni intese conosciuto, di quanto giovamento fosse per essere la cognizione degli errori degli Architetti, mi proposi di ristringere in un breve Trattato una parte di essi: non già con animo di formar la censura contro a ciascuno, ma con volontà d'insegnare col mezzo di tal cognizione la buona, e regolata Architettura.
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