2. cap. 4., e Plinio nel Lib. 35. cap. 13. Nè sarebbe impossibile l'aver copia di tali mattoni, quando pur vi si facessero; e non vi si facendo, condurre in queste parti la creta per fargli: non è poi impossibile il condurre da luoghi lontanissimi le colonne, e altri pezzi di marmi di grandezza maggiore). O gli appoggiavano ai fianchi con contrafforti, barbacani, e pilastri, riempiendo ancora di qua, e di là i peducci di buona muraglia. Si erra altresì, quando non si fanno ben serrate, nè con buona calcina: e però quando nol proibisca il pericolo d'umidità, è meglio murarle con gesso; poichè in tal modo si fanno saldissime per cagione della gagliarda, e subita presa. E' anche grande errore il disarmarle troppo presto. Finalmente, o per risparmiar la spesa, o per altra cagione, non è error mediocre il far le volte troppo sottili, sì perchè non son molto atte a resistere al peso, sì ancora perchè facilmente si posson rompere, mossi due, o tre mattoni. E penetrandovi per qualche accidente l'acqua, agevolmente si marciscono, e si scollegano, e non posson resistere a qualche peso violento di cosa, che sopra vi cada. E di questa maniera son tutte le volte finte, benchè sien guardate da palchi, che si fidano ne' legnami, che son fallaci, e sottoposti a diversi accidenti. Ma in somma più biasimevole errore si è il far le volte di cannicci, le quali son sottoposte all'offesa del fuoco, e dell'acqua, nè se ne può conservare il sesto loro in ciascuna parte; poichè si piegano, si spezzano, e calano diversamente, essendo di materia arrendevole, e tirate in giù dal peso dell'intonacatura di calcina, e di gesso, e sostentandosi solamente dai chiodi.
| |
Plinio Lib
|