Lasciato l'albergo delle Filigari, - per la volontà dei fortissimi Bolognesi, - la brigata dei Volontari s'incamminò verso la fiera metropoli delle Romagne, e la gioventù generosa accorreva all'incontro dei nostri prodi con bandiere ed acclamazioni, ed anelante di congiungersi ai fratelli per finirla coll'abborrito governo dei preti.
L'ingresso fu una vera festa, i bravi popolani ed il bel sesso d'ogni ceto accoglievano i cari Volontari con affetto ed entusiasmo indicibile.
Solo alcune code(11) e neri, peste dell'umana famiglia, adocchiavano furtivamente lo spettacolo da dietro i vetri delle finestre, e si ritraevano cauti, tementi di contaminare gli occhi loro da rettili arrestandoli nelle franche e maschie fisonomie di cotesti nemici della menzogna e del despotismo, oppure tementi che il popolo, conscio delle loro scelleragini, non li scovasse e li precipitasse sul lastrico.
Molte carrozze, uscite dalla città all'incontro dei Volontari, li avevano accolti tutti, e così si effettuò pomposamente l'entrata in Bologna. Uno splendido banchetto, preparato all'albergo del Leon d'oro, completava la bella accoglienza fatta ai campioni del diritto italiano e quivi essi discesero per rifocillarsi.
Abbasso i preti! Morte ai mercenari!
urlava il popolo, mentre difilavano verso i loro quartieri i Papalini che con due cannoni e molto apparato di forza tornavano dalle Filigari, ove avevan compita la missione d'impedire ai Volontari d'entrare sul territorio romano.
Morte ai Papalini! Mettetevi alla nostra testa, Comandante, e vedrete come aggiusteremo quella canaglia!
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