Ma questi non aveva creduto a proposito di farlo. Il movimento non sarebbe stato d'impossibile riuscita, ma si credeva troppo isolato e non si fece.
All'incontro si accettarono le proposizioni del Governo Pontificio che furono le seguenti: "Dirigersi a Ravenna e di là a Porto Corsini, ed imbarcarvisi per Venezia a spese di detto Governo."
Ma la calunnia di quei maestri d'ogni inganno e d'ogni impostura, che si chiamano preti, avea già deturpata la riputazione dei Volontari Italiani, dipingendoli come un'accozzaglia di banditi, rotti ad ogni vizio e spensieratezza. Dimodochè si seppe subito che il Governo di Manin, a Venezia, avea fatto sapere a Ravenna che i Volontari non sarebbero stati ricevuti. Saputasi dal popolo di Ravenna cotesta decisione, quei bravi popolani, sdegnarono di vedere una mano di giovani, consacrati alla libertà italiana e venuti sì da lontano, obbligati di rifugiarsi in Turchia, perchè tutti i sedicenti governi liberali d'Italia li cacciavano. E tale sarebbe stata la loro sorte se una circostanza imprevista non la cangiava, come vedremo più avanti.
In una stanza del palazzo Guiccioli di Ravenna, ove abitava il Legato Pontificio, cardinale Sardella, trovavansi a colloquio collo stesso il generale Latour e don Gaudenzio, il prete liberale che già conosciamo.
Questo popolo mi mette in fastidio, diceva l'astuto prelato. - Esso fa poche parole, poche millanterie, ma se si mette in capo d'eseguire qualche cosa, la fa a dispetto di qualunque pericolo. - Così non sono molte delle popolazioni Italiane: - molto chiasso, molte ciarle e fatti pochi.
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