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      Ecco adesso incaponirsi a non voler lasciar imbarcare i Volontari; ma vi sembra, generale! Cosa diavolo voglion far qui di quella banda di scapestrati?
      E così li abbiam dipinti io ed i miei agenti, eminenza! sclamava il rubicondo don Gaudenzio, - l'esaltato gesuita republicano - siccome ladri, gente rotta ad ogni vizio e sopratutto, nemici acerrimi della religione. - (E qui stava sul suo cavallo di battaglia il negromante.)
      Ma questi romagnoli sono teste dure che solo col piombo ponno ammollirsi e se non si pigliano delle misure energiche, io temo che questo nostro triregno versi in grande pericolo."
      Alla sordina, ed un poco ogni notte, noi abbiam riunito in questa città i due reggimenti che occupavano le Filigari e Bologna
      diceva il generale Latour. "E si può contare astutamente su questi stranieri; essi sono i più fidi alla Santa Sede; e quando si sa che alcuno si ammala del morbo di libertà - oggi venuto in moda, - esso s'invia al corpo di spedizione per Venezia. Quando Vostra Eminenza dunque, voglia giungere a qualche fatto energico ponga pure ogni fiducia nelle mie truppe."
      Oh, generale! voi non sapete che razza sono questi Romagnoli. Poi ai Volontari si son riuniti quel fazioso di Masina co' suoi lancieri, quel furioso di Bonnet da Comacchio(18) ed un capitano Mambrini con molti Mantovani. - Non è vero don Gaudenzio?
      Non solamente è verorispondeva la spia in sottana, "ma vi so dire che in Ravenna giorno e notte si stanno fabbricando cartuccie(19), e che vi esistono fucili sufficienti per armare Volontari e popolazione.


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Cantoni il volontario
Romanzo storico
di Giuseppe Garibaldi
Politti editore Milano
1870 pagine 195

   





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