E la notte venne, umida, cupa, fredda, e l'infelice fanciulla fu portata in uno dei migliori, ma più reconditi appartamenti del castello. Ma per segreto che fosse il trasporto, fatto con ogni precauzione, la bella fisonomia di Ida non era sfuggita all'occhio penetrante del giovine ufficiale.
CAPITOLO XIX.
INCONTRO FELICE.
Amicizia del Ciel, prezioso dono,
Io cederei per un amico un trono.
(JOUNG.)
Chi fosse il giovine ufficiale, che noi trovammo di guardia all'arrivo d'Ida a San Leo, lo diremo in due parole. Leonida C., appartenente a una delle più cospicue famiglie di Faenza, appena ventenne prese parte ai movimenti insurrezionali che tanto scossero l'Italia sul principio del presente anno e che continuavano tutt'ora con minore fervore bensì, secondo il carattere degenere e poco costante di questi moderni discendenti degli Scipioni.
Leonida, elettrizzato siccome tutta la gioventù di quell'epoca, impugnò le armi e corse a raggiungere quel pugno di prodi, che col generale Ferrari e poi a Venezia tanto si distinsero. Ma Leonida aveva una madre che lo adorava; essa, donna d'alti sensi e generosa, avrebbe dato cento figli per la liberazione della patria, ma Leonida era figlio unico e di fisico un poco gracile, benchè d'animo fortissimo. Avea di più contratto le micidiali febbri di Malghera, ov'era stato di guarnigione. Di più si sapeva generalmente essere troppo numerose le forze che occupavano Venezia, ed intenzione di quel Governo di diminuirle.
Spinta da tali considerazioni la signora C. recossi nella città delle Lagune, e tanto fece presso quelle supreme autorità da ottenere il rinvio del figlio, al che Leonida stesso acconsentì, colla condizione che sua madre accorderebbe il suo arruolamento nella Legione Romana, allora in formazione sul continente.
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