CAPITOLO XXXI.
IL 30 APRILE.
Han combattuto; han vintoSotto il talon del forte
Giace il tiranno estinto.
(BERCHET.)
Sei pure un giorno glorioso, o 30 aprile 1849, in cui un pugno di giovani Italiani, che combattevano per la prima volta, videro le spalle dei vecchi soldati d'Africa, mandati dal Bonaparte, traditore e corruttore dei popoli, e comandati dal figlio d'uno dei primi generali dello zio.
Sì! fu un bel giorno, e sino dall'alba un sergente nemico, inginocchiato ai piedi del comandante della Legione Italiana chiedendo la vita (come se avesse da fare con selvaggi) vaticinava la vittoria della giustizia. "Rialzati, figlio d'una nobile nazione e soldato d'un tiranno" disse il comandante al sergente, porgendogli la mano. "Rialzati! noi non calpestiamo i caduti, non trucidiamo i vinti. - E male per noi! Forse un giorno spinti dai vostri insulti e dalla disperazione, noi vi sfideremo a morte. Ma no, meglio così, poveri ingannati(70)!"
Richieri di Nizza, fratello d'uno dei feriti di Sant'Antonio, posto in imboscata sulla strada di Castel Guido, mise in fuga una squadra di esploratori Napoleonici, prese loro cavalli ed armi e ne condusse vari prigionieri al quartier generale della legione.
Il generale Oudinot, secondo il costume dei nostri vicini assuefatti a disprezzarci, sbarcato a Civitavecchia, marciò subito su Roma, quale facilissima preda. Egli s'era fatto precedere dai soliti fallaci proclami, in cui i soliti amici liberatori venivano a Roma per salvarla. La risoluzione di resistere, presa dal Governo romano, fu lodevolissima e degna d'un popolo che risorge alla vita dei liberi.
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