E con chi inciampavano i tre fuggenti nel corridojo del tempio, il lettore quasi lo stenterà a credere: ed io stesso che lo scrivo mi maraviglio sommamente di tale fatale coincidenza. Inciampavano nientemeno che con Martino Franchi, che i begli occhi di una trasteverina avean condotto in chiesa, luogo poco frequentato dal nostro spregiudicato Bresciano. I due primi lo scansarono lasciando il nostro amico stupefatto di veder portare tubi da razzi(85) in quel recinto. Ma il terzo! Dio me ne liberi! quando s'affacciò nella maschia fisonomia di Martino diede un grido di dolore e gli s'annuvolarono gli occhi.
Birbante!...
era la voce del nostro Franchi, affacciandosi al Gesuita, e l'eco, ossia la tremenda voce di Zambianchi, ripeteva a pochi passi. "Birbante!" Povero Gaudenzio! e dico anch'io povero benchè si tratti d'uno di questi malvagi neri e veramente lo lascio pensare ai lettori.
Meglio di costoro l'inferno con tutte le sue orribili scotature come è descritto da codesti adoratori del ventre e delle lussurie.
Giammai sotto l'ugne del leone o del tigre un innocente agnello trovassi a sì mal partito!
Il Gesuita fra quelle due bagatelle d'amici tremava da capo a piedi, e prima che veruna interrogazione gli venisse fatta, esclamò: "La vita! la vita!... per amor di Dio! (e ci tengono sì, alla pelle questi furfanti!)" Zambianchi e Martino con una mano ciascuno al colletto del malvivente, maneggiavan coll'altra il tubo, che avean raccolto da terra e lo contemplavano, Franchi che avea veduto gli Austriaci più da vicino disse: "Non è questo un razzo, venerando padre? ed il prete: Dio mi perdoni!
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