CAPITOLO XLIV.
IL 3 GIUGNO.
Il 3 giugno fu il giorno più fatale alla libertà Italiana ch'io mi ricordi: Oudinot, degno del suo padrone, commise uno di quei tradimenti che pochi paragoni hanno nella storia militare.
Sconfitto il 30 aprile, egli s'era ritirato verso Castel Guido, per aspettare nuovi rinforzi, e per paura d'essere attaccato in circostanza sfavorevole, esso patteggiò un armistizio col governo Romano. Armistizio con dei ladri! "Sgombrate! si doveva dire: e poi tratteremo. Tornate da dove veniste!..." Ma in Italia, sventuratamente si trattano i ladri coi guanti. L'armistizio doveva terminare il 4 e nella notte dal 2 al 3, il predone Buonapartesco, con forze molto superiori attaccò i nostri avamposti, li debellò uno dopo l'altro per sorpresa e s'impadronì della forte posizione dei Quattro Venti (Villa Corsini), che domina intieramente tutte le altre posizioni di Roma, e poco mancò che l'esercito nemico non s'innoltrassela stessa notte nella capitale.
La Legione, stanca della marcia da Velletri, fu svegliata verso mezzanotte, e le si ordinò di marciare. Essa ebbe per riposo una tremenda giornata di pugna. Certo non v'era tempo da perdere, e si corse subito alla riscossa verso il punto attaccato.
All'alba quand'io vidi il nemico padrone dei quattro Venti(134) dissi tra me: "La sorte di Roma è decisa." E veramente tutto l'eroismo dei difensori della città eterna non valse a cacciarlo da quella chiave dell'assedio, in cui esso, imprese subito a fortificarsi, avendo a sua disposizione corpo di genio e cannoni quanti ne abbisognava.
| |
Italiana Oudinot Castel Guido Romano Italia Buonapartesco Quattro Venti Villa Corsini Roma Legione Velletri Venti Roma
|