Io sono qui a combattere per la mia infelice patria. A quest'ora avrete saputo della mia ferita che, del resto, è già quasi cicatrizzata. Sono fiero che il buon popolo cretese pensi a me. Voi gli esprimerete il mio amore e il mio desiderio di contribuire alla sua liberazione. Abbiamo un armistizio, forse avremo fra poco la pace.
Sempre col desiderio di potervi baciare la mano, sono per la vitaVostro
G. Garibaldi.
Khalepa, 18 ottobre 1866.
Amico amatissimo,
in risposta alla vostra cara del 5 agosto vi scrissi lungamente il 27 dello stesso mese e vi comunicai molte cose riguardanti questa bella isola e la sua eroica e disgraziata popolazione.
Non ho finora avuto il bene di ricevere alcuna risposta alla mia ultima, ma persuasa del vivissimo interesse che portate nel vostro gran cuore per la sventura e per la bravura dei poveri Cretesi, vengo a trattenervi un poco sugli avvenimenti e le tragedie, delle quali da sei settimane sono giornalmente testimone.
Non sarà mai a Voi, grande amico, che dovrò spiegare quante ragioni di lagnanze, quante cause di scontento e quanti diritti d'insorgere hanno i cristiani di qui, maltrattati da secoli dalla barbarie turca, calpestati dalla tirannia, vilmente abbandonati, venduti e traditi dalle così dette potenze protettrici! Inorridisco di dovermi chiamare inglese; ma a che servono tante parole? Tutta la Vostra vita non è stata forse, e non è che un magnanimo sospiro per la santa causa della libertà e della giustizia? Ebbene, con poche righe, con poche parole, voi potete forse fare moltissimo per questo popolo di antico eroismo, ma che va man mano distruggendosi.
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Garibaldi Cretesi Vostra
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