Se poteste e voleste andare in Grecia, io sarei - ad onta di tutto il mio zelo ardente per la causa - la prima a supplicarvi di non farlo. Oh, Dio, quanto soffro, sapendovi soffrire in tal modo e non potendo prendere sopra di me i vostri dolori! È assai, assai peggiore il sapervi soffrire che il passare per tutte le torture del mondo. Si potrebbe dubitare della Provvidenza, sapendo che voi soffrite!
Con diritto voi mi chiederete che cosa al mondo ha potuto farmi lasciare l'isola di Creta. Due sono le ragioni, che mi costrinsero a fare quel vero sacrificio.
Anzitutto avevo promesso ai Cretesi d'interessare Gladstone in favore loro. Dopo quello che egli fece per Napoli e per le isole Ionie, si poteva sperare qualche cosa dal governo inglese in favore di Creta! Io lo sapevo qui in Roma e speravo deciderlo a venire in Grecia. Oltre a ciò, nel mese di ottobre mi ammalai così gravemente con infiammazione al cervello e febbre nervosa che fui in fin di vita. Dopo venticinque giorni di letto i medici dissero che, a tutti i costi, dovevo lasciare l'isola. Infatti il male era molto serio: anche ora soffro sempre alla testa. Il fatto è che mi sono affaticata assai, scrivendo per i giornali inglesi a Costantinopoli, a Londra e per molti giornali tedeschi. Sono stata quattro mesi in pericolo continuo della vita ed ho sofferto tanto tanto nel vedere degli orrori, dei massacri, delle crudeltà senza nome, cagionate unicamente da una politica egoista, insensibile, infame!
Come resistere a tanto?
Ho pensato anche che qui avrei potuto essere più utile alla santa causa, scrivendo, pubblicando e raccogliendo denari per i miei bravi cretesi.
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