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      «Lina, mia sorella, mi disse, viene colla sua compagna Marzia, a chiedervi perdono, d'aver trasgredito l'ordine di non potersi imbarcare donne nella spedizione».
      «Lina è dunque figlia delle belle valli lombarde», io risposi: non potendo decidermi ad un rimprovero, ed un poco sorpreso da tale visita; poi alquanto rinfrancato: «quando per una trasgressione si acquistano tali valorose come sono vostra sorella e la compagna, io, che non sono un modello d'ordine, posso bene accomodarmivi».
      Un momento di silenzio seguì l'interessante colloquio, e vedendomi fiso al volto di Marzia, P.... riprese: «Marzia è Romana, e non possiamo dirvi altro di essa, poichè ella stessa non ci ha fatto sapere di più». E senza aspettare la mia risposta, P..... continuò: «Non vogliamo tediarvi, poichè dovete essere stanco».
      «Lina vuol presentarvi un mantello incerato, tolto ad un ufficiale nemico, e che vi servirà, sprovvisto come siete, per coprirvi dalla rugiada», e senza darmi tempo di ringraziare, i tre si dileguarono nelle tenebre.
      Io m'addormentai, sognando di battaglie, di dee, di genii, d'Italia intiera risorta, e la sveglia, con cui il mio tromba avea petrificato il nemico nel giorno antecedente, mi destò colla piacevole notizia: che il nemico avea abbandonata Calatafimi.
      E fu veramente grata tale notizia, poichè tenendo il nemico Calatafimi, noi avremmo dovuto ben sudare per impossessarci di quella formidabile posizione.
     
     
     
      CAPITOLO VIII.
     
      DA CALATAFIMI A RENNE.
     
      La vittoria
      È sul brando del forte.
      (Autore conosciuto).


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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero
1874 pagine 356

   





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