L'occupante però di quella - come il gufo - nascondevasi dalla luce, ed aspettava le tenebre, per attuare i suoi divisamenti sinistri.
E ne avea ben donde Monsignor Corvo - il più astuto e scellerato dei gesuiti - di nascondersi all'umano sguardo. Se, come m'è successo qualche volta d'esser solleticato a far una buona azione - tale prurito fosse venuto ad alcuno dei generosi palermitani presenti - esso potevasi precipitare in quella carrozza di cattivo augurio, strapparne fuori il malvagio, e schiacciarlo col tacco del suo stivale per non contaminarsi le mani, come si fa del velenoso rettile. - Egli avrebbe compito opera santa e liberato l'Italia da uno de' suoi più perversi e nocivi nemici.
E lì, nelle vicinanze del sinistro augello, si aggirava uno: giovane, bello, forte, tipo di quella gioventù palermitana sì propensa all'eroismo del martirio. - Cozzo, il valoroso amante di Lia con altri compagni della stessa tempra da lui guidati, avean giurato di liberar i patriotti prigionieri nel forte di Castellamare. Ed eran molti i detenuti - appartenenti per la maggior parte al fiore dei propugnatori della Libertà Italiana.
Essi passeggiavan divisi e lontani dall'ergastolo borbonico - per coprire il loro disegno - e Cozzo, or sapendo che la prigione racchiudeva il suo tesoro, la sua Lia era d'un'impazienza indescrivibile di cominciar a menar le mani. - Poi si sapeva delle due bellissime forestiere compagne della palermitana la di cui fama s'era duplicata sotto il velo del mistero. - Solo sapevasi ch'esse provenivano dai Mille.
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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero 1874
pagine 356 |
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