E qui scorgendo il dispetto sulla fisonomia di Corvo, il capo della polizia chercuta caricò sulle ultime(50) parole, pronunciandole pacatamente ed in modo solenne. - Volpe era ingelosito della grande influenza esercitata nella Corte pontificia dalla setta gesuitica, e massime di quella del Monsignore che riconosceva d'assai superiore a lui stesso in intelligenza e furberie, per cui colla quantità di vittime sedotte, più della stessa polizia era informatissimo d'ogni cosa importante in Roma e nel mondo.
«Che monta! (esclamò il seguace di Loiola) - voi non sapete che quella donna conosce i più reconditi secreti di questa Corte e della potente società nostra, che n'è la più solida colonna».
Un cenno di approvazione del generale gesuitico e del suo segretario, all'onorevole menzione fatta da un membro sì rispettabile dell'Ordine, fece rintuzzare alquanto l'alterigia del Cardinale, mentre ringalluzzì l'ardimento del Monsignore, il quale più francamente di prima riprese:
«Noi siamo in circostanza di dover temere più dai nostri nemici di dentro che da quei di fuori. Quella volpe di Monarchia sabauda, mentre si protesta umilissima figlia della santa Sede, distrugge il nostro esercito, si fa padrona delle nostre province e delle nostre sostanze; e siatene certi, essa non si fermerà nelle sue depredazioni se non che dopo d'essersi seduta padrona sul trono del Vaticano, come fece a Parma, Modena, Firenze, Milano e Napoli. Comunque, l'impudente suo ardimento mai giungerà a distruggere la Chiesa, che ad essa conviene, nè il potere spirituale del santo Padre.
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I Mille
di Giuseppe Garibaldi
Tipogr. Camilla e Bertolero 1874
pagine 356 |
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